domenica 30 novembre 2008

Gerusalemme

Carissimi,
Sono tornata da quasi una settimana e ancora non ho avuto il tempo, la calma e la forza di mettermi davanti al computer e scrivervi. Si, perchè vi ho pensato tanto nel mio viaggio e ho pensato a tante cose che ci siamo detti, che abbiamo vissuto.
E' stata una settimana un po' dura per una serie di motivi...prima di tutto tornare da un viaggio così toccante mi ha sconvolto e l'impatto con la vita quotidiana di sempre, con le nostre piccole battaglie personali è stato piuttosto forte.
Parto così, in media res, dal momento più determinante per il mio pensare....
A Betlemmi ho conosciuto il capo reparto di un ospedale di riabilitazione, ospedale in cui lavorano israeliani e palestinesi, musulmani, cristiani ed ebrei, tutti allo stesso fianco senza alcuna distinzione e per tutti gli abitanti della città. Il 70% dei medici assunti sono portatori di disabilità (persone mutilate dalla guerra o simile). Toccare con mano la veridicità del termine "collaborazione" e "sentirsi tutti uguali", sullo sfondo di una terra disseminata dalle battaglie intestine, dalle divisioni (non solo divisioni fittizie o mentali, ma concrete e ben incarnate nel grosso muro grigio che divide Gerusalemme), ha smosso il mio essere. Ho ripensato a come noi spesso ci facciamo portatori di inutili divisioni, a quanto poco ci impegnamo in una realtà così fortunata. Ho visto molte cose, conosciuto persone, sentito le verità da entrambe le parti, ho visto il muro, mi hanno perquisito ai check point puntandomi un mitra contro, ho camminato nel deserto in silenzio, ho pianto davanti a Gerusalemme mentre il sole tramontava e il muezin faceva la sua preghiera delle cinque, ho visitato il santo sepolcro, messo pietre sulle tombe ebraiche, visitato l'orfanotrofio di Betlemme e giocato con quei bambini senza identità. Molti dei bambini abbandonati sono figli di donne musulmane che li hanno avuti prima del matrimonio. Lì se ti scoprono che sei rimasta in cinta prima di sposarti ti uccidono. Ho sentito raccontare delle storie raccapriccianti. una ragazza è stata violentata dai fratelli e poi sgozzata dalla madre per nascondere la vergogna del fatto che fosse rimasta incinta. Bambini trovati sotto gli alberi, appena nati, al freddo mezzi sbranati dai cani.Ma quello che più mi ha colpito è stata la miseria di Ebron. I bamini per le strade con i loro occhi tristi, già adulti e soli. Ebron è città palestinese. Ma nel cuore della città vecchia c'è un insediamento di israeliani. Per pochi israeliani su ogni tetto c'è minimo dieci soldati pronti a sparare. i palestinesi non possono attraversare il cuore della città per via dell'insediamento e devono passare per strade collaterali che circondano il perimetro del centro. Su quelle strade ci sono tantissime reti, tese per evitare che gli israeliani gettino di sotto gli oggetti ferendo qualcuno come è avvenuto in passato. E dovunque volgi lo sguardo ci sono macerie e distruzione.
Gerusalemme è bellissima. Non ci sono parole, piena di vita, di colori. Densa di storia, di sacralità, di magia.Vi scrivo tutto un po' così perchè sono queste impressioni a caldo che ho sulla pelle e che voglio raccontarvi. Ho visitato il museo della memoria, vestito il ciador per entrare nella moschea di abramo...e sotto quella coltre di veli è stato come se avessi riscoperto il mio essere donna...vi ho portati nel cuore, tutti...prendete le mie parole così, spero che nessuno ne resti offeso o annoiato...è quello che ho nel cuore e che voglio condividere con voi. Vi abbraccio tutti

giovedì 27 novembre 2008

Alta sui naufragi dai belvedere delle torri china e distante sugli elementi del disastro dalle cose che accadono al disopra delle parole celebrative del nulla lungo un facile vento di sazietà di impunità
Sullo scandalo metallico di armi in uso e in disuso a guidare la colonna di dolore e di fumo che lascia le infinite battaglie al calar della sera la maggioranza sta
la maggioranza sta recitando un rosario di ambizioni meschine di millenarie paure di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla l'orribile varietà delle proprie superbie la maggioranza sta come una malattia come una sfortuna come un'anestesia come un'abitudine per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità di verità

presto cercherò le parole...per descrivere gli ultimi, i poveri che ho visto

domenica 16 novembre 2008

partire

In partenza....
sono emozionata come quando da bambina mi dicevano che si partiva per le vacanze...o quando i miei decidevano di portarmi al cinema...beh qui è diverso certo, vado lontano, in una terra difficile, di storia sofferta, di liti intestine....spero di tornare diversa, tornare migliore. Vi abbraccio a tutti, mi mancherete...
vi porto nel cuore

martedì 4 novembre 2008

Ansia.
Una cappa, folta, pesante, tetra. Varcare la soglia e appare.
Sto crescendo. Crescendo davvero. Ciò che di idilliaco dipingono si sgretola come un quadro ad olio, mostrando la trama di fili stopposa e impersonale su cui il pittore ha ricamato l’ordito ingannevole…sta lì nuda e fredda la tela, nella sua asettica e crudele concretezza.

E’ vita reale. Fatta di fatiche delusioni, incomprensioni.

Lo sto capendo e imprando ad accettare.
E’ tanto che non scrivo. E’ il mio primo post da ventenne e avrei così tanto da dire. Questo silenzio prolungato è stato solo perché era troppo denso di pensieri per potervi trovare un filo, una coda e un capo…e quello che stasera sta uscendo con violenza e confuso è solo il frutto di un’inquietudine dinamica che non lascia spazio a malinconia o arrendevolezza di sorta ma solo ad una profonda urgenza di fare. Di reagire.

Si colorano i giorni di un velo dal sapore vecchio. Ricordo questa identica sensazione di me bambina che fisso fuori dalla finestra le goccioline che scorrono sui vetri disegnando rette e tangenti dal destino sicuro….io che le seguo con il dito, per fermarle, per alterare quel destino ineluttabile che le spinge…ma loro fuori scorrono, e io sto lì a guardarle passare.

Ho incontrato anime bellissime, in evoluzione. Oggi ho conosciuto qualcuno che con la sua eterea presenza mi ha accompagnato in questi ultimi mesi ma a cui fino ad ora non avevo potuto dare un volto, un nome.

Mi sento un numero primo. Che se ne sta solo, tra numeri pari, e dispari, numeri normali,. Il numero primo è divisibile solo per se stesso e per uno. E’ solo, distante dagli altri numeri primi come lui, dai numeri soli, diversi. Un numero primo diverso, destinato ad amplificare così tanto la realtà e a scomporla da riempirsi la testa di vite degli altri, di frammenti raccolti tra le espressioni di estranei, tra le mani allungate di ragazze tristi, tra gli occhi velati di chi ha il cuore spezzato…ricostruisco collezionista di frammenti di uomo, vite che si sommano a questa vistione parziale di un insieme caotico che tende ad aumentare il propiro stato di entropia.

Negli occhi della persona che amo e che vedo cambiare con la dignità dell’eroe che sa dove e come salvarsi resto adesa a questa terra reale, tra raffiche di vento e lacrime di pioggia, io resisto e combatto.

Da leggere

  • Narciso e Boccadoro di Herman Hesse
  • Il piccolo principe di Saint-Exupèry
  • Oceanomare di Alessandro Baricco