martedì 8 aprile 2008

Compito 6 (ma è tutt'altro che compito)

8 Aprile. La svolta.

Semi di stupore sono già stati gettati nel corso dgli ultimi giorni. Il distacco per un po' da questo paese mi ha donato occhi nuovi e resa capace di gioire di nuovo dei dolci dettaghli di cui è costellata l'esistenza. Ho difficoltà a parlarne. Ma voglio farlo. Lo voglio fare perchè so che chi legge il mio blog, infondo, è chi mi sta vicino e mi conosce, chi può condividere con me questa parte dolorosa ma essenziale della mia vita. Non è un prologo inutile. E' necessario per comprendere la gioia che è esplosa in me, oggi, davanti al possibile.

Un mese fa circa, il 4 aprile per l'esattezza, mi dissero che potevo avere un male, brutto, uno di quelli per cui muori, forse ti salvi, di solito muori. Mi dissero di operarmi in fretta. In quella settimana e mezzo d'attesa mi resi conto del mio folle attaccamento alla vita, della disperazione di un'eventuale perdita a cui presto subentrò la consapevolezza di voler vivere tutto con più aderenza, con passione, di dire quanto bene volevo alle persone che ho intorno. L'uomo è così. Si accorge che qualcosa gli preme proprio mentre rischia di perderlo. Questo mi ha cambiato. Mi ha fatto capire che la malattia è soffernza, disperazione ma anche speranza e un'opportunità. La malattia mi ha aperto gli occhi, mi ha scosso dall'apatia inerte del mio sopravvivere. Nei tempi di carestia non si butta via nulla, nemmeno il dolore, anche la minestra riscaldata diventa buona. Nel poco ci si accorge di quanto non sia un nulla. Avevo il pane ma non la fame, avendo fame ho imparato ad apprezzare il pane.
Ecco che sono entrata in ospedale. Serena. Ma ciò che ho trovato ha scosso profondamente le mie convinzioni riguardo al mio futuro, alla scelta di medicina. Ero un numero, 33. Un caso clinico. Già uno entra in ospedale con la paura. con la sofferenza del corpo e non solo. Arriva in ospedale e il letto è duro, e non chiude occhio. Il cibo è terribile e gli passa la fame. Difficilmente ti mettono a tuo agio. Dottori in camice passaggiano tra parole altisonanti e spiegazioni incomprensibili che ti riguardano ma che non comprendi mai fino in fondo. I dottori parlano un codice tutto loro, sembra fatto per non far capire te-numero 33. Certo il loro intento è quello di salvarti (!?) ma nemmeno si fermano a guardarti negli occhi, a chiederti come stai, come ti chiami, a presentarsi.
E' lì che ho maturato il mio pensiero che un ambiente così non sia adatto ad un malato. Metti uno che sta male già di suo, gli togli il sonno, l'appettito, il verde, il sole, i sorrisi...e quello come fa a non buttarsi ancora più giù?! All'impotenza e alla sfiducia provata dall'altra parte della trincea è subentrato un sogno, una certezza: un ospedale diverso, fatto di calore umano, di accoglienza.
Oggi ho ritrovato parte del mio sogno. Ho ritrovato la voglia di lottare, la speranza.
Una bolla di sapone che vola verso il cielo che minaccia la pioggia. Così voglio essere. Gioiosa, leggera, viva. Incurante del cupo che sovrasta, delle difficoltà che ti tagliano le ali che ti rendono pesante.
Ho voglia di volare. Di impegnarmi, di sognare. Ho voglia di sentirmi come un bambino, di perdermi negli occhi di chi è davvero innamorato della vita nonostante il dolore e la sofferenza. Come si può fare medicina se non si ama l'altro, se non si ama l'uomo e la vita?
Ho scritto di getto, non pensando che in fondo è un compitino. Mi dispiace professore perchè non sono 200 parole, ma avrei perso di spontaneità se non avessi buttato tutto giù così. Di Don Milani ho scritto nel post precedente perchè sento una vicinanza di pensiero forte a quest'uomo del presente...
un orizzonte nuovo attende il mio volo

Se la si guarda dritta negli occhi la vita ci rende sempre un miracolo

5 commenti:

Andreas Formiconi ha detto...

Altro che compitino ... potevi usare tutte le parole che volevi per scrivere questa cosa ...

madda ha detto...

Ire...è così che sei..anche se forse non sempre consapevole di come ti percepisce chi ti sta vicino: "gioiosa, leggera, viva"!!!!
Penso che in questi ultimi mesi le prove da affrontare siano state dure davvero...ma non hai mai abbandonato il tuo sorriso...la tua voglia di lottare ad ogni costo...e non ti sei chiusa in te stessa, nei tuoi problemi, ma hai sempre continuato a preoccuparti delle difficoltà-talvolta stupide- di chi ti è stato vicino...
Qualcuno un giorno disse: "Ci sono due modi per vivere la propria vita. Uno è quello di pensare che non esistano miracoli e l'altro è quello di pensare che ogni cosa sia un miracolo".
E chi pensa che ogni cosa sia un miracolo non può non amare la vita...non può che sentirsi FELICE!
Ti voglio tanto bene, piccola Ire mia!

jenny ha detto...

...ti voglio bene...il tuo post mi ha fatto venire le lacrime agli occhi...avrei voglia di dirti tante cose...ma la più sensata è: ti voglio bene!!

Shunran ha detto...

Sono stato un idiota a non capire quello che stavi passando.

Pierpi ha detto...

Ti voglio tanto bene Ire..e non finirò mai di ringraziarti per il tuo essere gioiosa, leggera e viva! Perchè un sorriso è il sentimento più contagioso che ci sia, ed è bello lasciarsi contagiare dal sorriso dei tuoi occhi quando guardano il mondo!

Da leggere

  • Narciso e Boccadoro di Herman Hesse
  • Il piccolo principe di Saint-Exupèry
  • Oceanomare di Alessandro Baricco